“Salva la tua lingua locale”, primo posto per Grazia Galante (inviato da Anna Siani)
La nostra Grazia Galante ha vinto il premio per la PROSA EDITA (storie, favole e racconti) nel Concorso Nazionale: “Salva la tua lingua locale” conquistando il Primo posto! Ecco tutti i vincitori del premio pubblicato da http://www.unpliproloco.it/ “Pubblichiamo i risultati del Premio nazionale "Salva la tua lingua locale". Hanno prevalso Nelvia Di Monte (dial. friulano) nella poesia inedita, Giovanni Nadiani (romagnolo) nella poesia edita, Alberico Bojano (campano) nella prosa inedita e Grazia Galante (pugliese) nella prosa edita. La Premiazione del Premio Nazionale “Salva la tua lingua locale”, indetto dall’Unione Nazionale Pro Loco d’Italia e Legautonomie Lazio, in collaborazione con il Centro di documentazione per la poesia dialettale "Vincenzo Scarpellino" e il Centro Internazionale Eugenio Montale, si terrà dalle ore 10,30 di giovedì 16 gennaio 2014 a Roma presso la Sala della Protomoteca in Campidoglio (seguiranno programma ed invito della giornata). La Giuria del Premio Nazionale “Salva la tua lingua locale” composta da Pietro Gibellini (Presidente),Toni Cosenza, Angelo Lazzari, Franco Loi, Vincenzo Luciani, Luigi Manzi, Cosma Siani, Ugo Vignuzzi ha decretato i vincitori della prima edizione 2014: |
POESIA INEDITA:
Nelvia Di Monte, dialetto friulano;
Fernando Gerometta, dialetto friulano;
Benedetto Bagnani, dialetto di Subiaco.
PROSA INEDITA (storie, favole racconti):
Alberico Bojano dialetto campano di Benevento;
Aurora Fratini dialetto di Sambuci (Roma);
Antonina Pistorio Gervasi (dialetto siciliano).
POESIA EDITA:
Giovanni Nadiani, dialetto romagnolo;
Maurizio Casagrande, dialetto veneto;
Giuseppe Tirotto, dialetto sardo.
PROSA EDITA (storie, favole racconti):
Grazia Galante, Fiabe e Favole – Raccolte a San Marco in Lamis, Levante editori, Bari, 2010 - in dialetto di San Marco in Lamis (Foggia);
Diego Manna e Michele Zazzara , Polska… Rivemo!, Nativi Società Cooperativa, Trieste, 2013 - in dialetto triestino;
Franco Pinto, E quist’ate, mo’, che vonne?, Ed. “ManfredoniaNews.it”, Manfredonia, 2012 - dialetto di Manfredonia (Foggia).
SEZIONE SPECIALE AUTORI SIAE:
Nevio Spadoni, dialetto romagnolo;
Vincenzo Mastropirro, dialetto pugliese di Ruvo di Puglia (BA).
Leopoldo Attolico, dialetto romanesco”… (continua…)
A Grazia Galante giungano i miei personali Complimenti e, naturalmente, le Congratulazioni di tutta la cittadinanza sammarchese. Non possiamo che essere orgogliosi di una concittadina che, con immensa laboriosità, impegno serio e costante e, soprattutto, amore verso il proprio paese e il proprio dialetto, ha creato un solido e variegato archivio dialettale che altrimenti avremmo perso. Ancora Complimenti, Grazia! Non solo per Fiabe e Favole ma per tutto ciò che hai pubblicato e che ancora pubblicherai.
Anna Siani
Congratulazioni del Presidente del Parco Nazionale del Gargano | ||
Premio poesia dialettale - Il Gargano, la sua gente e i suoi dialetti: Una meravigliosa continua scoperta. |
"Solo per Natale... dal produttore al consumatore" (18/12/2013)
Il libro è un regalo che non finisce, che non ha scadenza, che rimane sempre, che può essere lasciato in eredità. Sceglietelo come regalo di Natale.
Da oggi fino a Natale sconti speciali:
Li cunte: Vangelo popolare e Racconti veri e verosimili a € 25.00 invece di € 35.00;
Fiabe e favole raccolte a San Marco in Lamis (vincitore del concorso nazionale "Salva la tua lingua locale") a € 15.00 al posto di € 20.00;
La religiosità popolare di San Marco in Lamis a € 14.00 al posto di € 18.00;
Il dizionario del dialetto di San Marco in Lamis a € 40.00 al posto di
€ 50.00.
Naturalmente può usufruire di questo sconto solo chi si rivolge direttamente al produttore.
Mettete nelle mani dei bambini, dei ragazzi i libri se vogliamo che si appassionino alla lettura.
Grazia Galante
(Daniela Milanese)
Grazia Galante
I giochi di un tempo ripresi dagli alunni del I° Circolo Didattico “Balilla - Compagnoni” di San Marco in Lamis
(articolo scritto da Grazia Galante in data 28.05.2013 con il contributo video/fotografico di Piera Ciavarella e Arcangela Villani)
(Copie D'Autore, "Omaggio a Goya" La cavallina realizzata da Giorgio Mattioli)
Ieri pomeriggio (27/05/13 ndr) nel cortile della scuola “Balilla”, in un’atmosfera gioiosa, si è concluso il progetto “Continuità” sui giochi tradizionali portato avanti dagli insegnanti dell’ultimo anno della Scuola dell’infanzia e da quelli della prima elementare del Primo Circolo Didattico. Sono stati meravigliosi i bambini che si sono esibiti in alcuni giochi: a mmazza e ccuze (lippa), Accòppa, accòppa lu passantine (cavallina), a scòla e sculicchie (predellino), alla lampa, ajèssce papà cu ttutte li figghie, allu sckaffe (lo schiaffo del soldato), a 1, 2, 3, stella! delle bambine, invece, con tanto impegno ed interesse si sono cimentate nella realizzazione di bambole di pezza. Hanno fatto da cornice poi i bellissimi cartelloni realizzati dai ragazzi e la mostra di alcuni giocattoli di un tempo (la cummèdia, la carruzzèdda, lu tubbe, lu cerchie cu llu vossacérchie, lu ggirasole, la fruccèdda, la scionna, li ruticédde, la mòlia, lu pupe de pèzza, la sugghiétta, la sugghiettòla, lu carrarmate, la mazza cu llu cuze, lu fiscke, la sunagghiéra, la trènnela, lu scurre e jjune ecc.) insieme a tante miniature realizzate da Gerardo Giuliani e riproducenti i mobili della camera da letto più parecchi arnesi da cucina (esposti in maniera permanente nel Museo delle miniature da lui allestito in Via Santa Caterina a San Marco in Lamis), hanno incuriosito bambini, genitori, nonni, insegnanti. Veramente è stato un piacevole tuffo nel passato. Essendo stata invitata a parlare dei giochi tradizionali, nel mio breve discorso ho ribadito la necessità di recuperare i giochi del passato perché essi sono fortemente educativi e formativi perché abituano alla competizione, alla riflessione, al rispetto delle regole, potenziano le abilità fisiche e motorie, stimolano l’inventiva, la curiosità, l’ingegno, la fantasia, la creatività.
Un tempo la maggior parte dei giochi si svolgeva all’aperto, si giocava nella strada in cui si abitava che diventava così un ottimo laboratorio; i giocattoli venivano costruiti con le nostre mani utilizzando materiali di scarto: un pezzo di stoffa poteva essere utilizzato per fare la palla o una bamboletta, la pupa, con un pezzo di canna si realizzava la cerbottana (lu tubbe) o la siringa di Pan (lu fiscke), delle stecche di canna, un pezzo di giornale, un filo lungo e un po’ di colla fatta con l’acqua e la farina bastavano per fare l’aquilone.
Oggi è cambiato molto il modo di giocare anche nei piccoli centri, la strada non è più sicura come una volta, gli spazi liberi sono stati ridimensionati e si tende a far giocare il bambino in casa da solo, trasformandolo così da soggetto attivo a consumatore passivo di giocattoli e di giochi ideati dagli adulti in cui egli, da seduto, si limita a premere un tasto o un bottone. Facendolo giocare in questo modo favoriamo l’obesità, ma soprattutto lo priviamo delle relazioni con i coetanei che sono indispensabili per non creare muri di isolamento e di solitudine. E allora ben vengano iniziative tendenti a riscoprire e a valorizzare i giochi tradizionali.
Ieri parlando con alcuni genitori che si lamentavano per la mancanza di posti sicuri in cui far giocare i loro figli, proponevo di utilizzare questa estate la villa comunale e anche i cortili delle scuole, naturalmente dopo averne fatto richiesta ai Dirigenti e ai relativi Consigli d’Istituto, che direbbero sicuramente di sì. Sarebbe bello vedere bambini e nonni che giocano insieme, recupereremmo tanti giochi, favoriremmo l’incontro tra le generazioni e quindi la trasmissione dei saperi, vedremmo i bambini felici e soddisfatti perché attori e fattori di giochi così come è successo ieri.
Un grazie a tutta la scuola Balilla per averci dato questa opportunità.
Grazia Galante
Clicca sull'immagine per guardare la galleria fotografica dell'evento (Foto gentilmente concesse da Arcangela Villani e Piera Ciavarella)
(Video gentilmente concesso da Piera Ciavarella)
L’Università del Crocese (Scuola di Tradizioni), I^ Circoscrizione Arpi-Croci (Comune di Foggia), nella persona dell’insegnante Angelo Capozzi consegna un meritassimo riconoscimento: “PREMIO DIDATTICA DEL FOLKLORE ”, alla Professoressa Grazia Galante per il pluriennale impegno nelle scuole della nostra provincia diretto a promuovere la ricerca e la salvaguardia della nostra cultura tradizionale.
Foto scattata durante la consegna del Premio Didattica del Folklore
IL FOLKLORE: UN BENE PREZIOSO
Tutti, ormai, parlano dell’importanza del folklore, del recupero delle radici, dell’ “identità territoriale”, ma in fondo si fa pochissimo per le nostre tradizioni e ciò è dimostrato dallo scarso numero di pubblicazioni relative ad esse, dalla mancanza di sensibilità reale di molte istituzioni, dal poco interesse per tale disciplina che la scuola dimostra, nel suo insieme (nonostante il Ministero della Pubblica Istruzione abbia destinato una parte cospicua del programma scolastico allo studio del territorio). La quasi totalità delle pubblicazioni, delle iniziative relative alla storia e la cultura del nostro territorio è frutto del lavoro di singoli operatori culturali che utilizzano tempo e risorse personali, per salvare cioè che poi sarà un bene pubblico. Se riflettiamo sul fatto che il folklore, oggi, non è più solo motivo di nostalgia e di vecchi ricordi, ma va diventando un punto di riferimento insostituibile per le nostre società moderne, ormai in crisi permanente, non si capisce il suddetto disinteresse. Forse per questo è nato, presso l’Università del Crocese,Scuola di Tradizioni - Prima Circoscrizione Arpi - Croci (Comune di Foggia) il “PREMIO DIDATTICA DEL FOLKLORE”: si vuole spingere il mondo della scuola, ma anche quello istituzionale e dell’associazionismo culturale, a non perdere altro tempo (anche perché gli ultimi anziani ci stanno lasciando), dedicandosi finalmente alla raccolta, alla salvaguardia e alla riproposizione del nostro ricchissimo patrimonio tradizionale (festività, cucina, erbe medicinali, fiabe, giochi, balli, dialetto, fiere, mestieri, ecc.).
Il primo premio non poteva non andare alla Professoressa Grazia Galante, che ha svolto numerosissime ricerche relative al folklore nelle scuole medie garganiche dove ha insegnato. Proprio partendo da tali ricerche, partendo dal mondo della scuola è nata in lei il desiderio di salvare, almeno in parte il folklore sammarchese (anche se non mancano sporadici contributi precedenti al suo lavoro). Ha pubblicato, di conseguenza grossi volumi sui proverbi, un dizionario sammarchese scritto col fratello Michele, libri sulla cucina, sulla religiosità popolare, sulle fiabe, sul vangelo popolare, ecc. riserbandoci, per il futuro ancora molti lavori fondamentali, che vanno ad indagare altri campi delle tradizioni di San Marco in Lamis.
Segue una sintesi delle attività didattiche che hanno caratterizzato il lavoro della suddetta studiosa.
Libretti pubblicati:
II E racconta… i ragazzi della Scuola Media Statale “N. D’Apolito” di Cagnano Varano evidenziano ricerche relative al loro territorio: detti, proverbi e altre tradizioni popolari a.s.1978 – 1979;
La cultura contadina nei proverbi realizzato con gli alunni della Scuola Media Statale “D’Alessandro” di Sannicandro Garganico a.s.1984-85;
C’era una volta... fatto con gli alunni di Sannicandro G. a.s.1986-87;
Piccolo dizionario dialettale prodotto con gli alunni di Sannicandro G. a.s.1987-88;
La medicina popolare fatto con gli alunni di Sannicandro G. a.s. 1988-89;
Divertiamoci con i soprannomi realizzato con gli alunni di Sannicandro G. 1989-90;
La nonna racconta fatto con gli alunni di Sannicandro G. a.s. 1992-93;
Li paroule di mamma ròssa (I racconti della nonna) realizzato con gli alunni di Sannicandro G. a.s.1993-94;
Soprannonimania prodotto con gli allievi della Scuola Media Statale “G. Pascoli” di San Marco in Lamis a.s.1994-95;
I segreti delle erbe realizzato con i ragazzi della ‘Pascoli’ di San Marco in Lamis a.s.1995-96;
La lavorazione del salice fatto con i ragazzi della ‘Pascoli’ di San Marco in Lamis a.s.1995-96;
La cucina sammarchese prodotto con gli allievi della Scuola Media Statale “F. De Carolis” di San Marco in Lamis a.s.1996-97;
Li cunte. Favole e racconti sammarchesi fatto con i ragazzi della ‘De Carolis’ di San Marco in Lamis a.s. 1998-99;
Piccolo dizionario sammarchese realizzato con i ragazzi della ‘De Carolis’ di San Marco in Lamis a.s. 2000 – 2001;
Filastrocche e indovinelli sammarchesi prodotto con i ragazzi della ‘De Carolis’ di San Marco in Lamis a.s.2002-2003;
Il latte nella tradizione sammarchese realizzato con i ragazzi della ‘De Carolis’ di San Marco in Lamis a.s. 2003-2004;
I canti della Valle fatto con i ragazzi della ‘De Carolis’ di San Marco in Lamis a.s. 2004-2005;
I rimedi della nonna realizzato con i ragazzi della ‘De Carolis’ di San Marco in Lamis a.s. 2005-2006.
Zibaldone sammarchese fatto con i ragazzi della ‘De Carolis’ di San Marco in Lamis a.s. 2006-2007;
Breve storia della scuola postelementare a San Marco in Lamis realizzato con i docenti P. Massaro, E. Sassano, C. Zannotti e i ragazzi della ‘De Carolis’ di San Marco in Lamis a. s. 2007-08.
Angelo Capozzi
(studioso di Storia e Folklore della Provincia di Foggia e insegnante dell’Università del Crocese - Scuola di Tradizioni).
"LI CUNTE". Vangelo popolare e Racconti veri e verosimili - Levante Editori (pagine 650, € 35,00 + s.p.)
Grazia Galante, appassionata e infaticabile studiosa di tradizioni popolari garganiche, e di San Marco in Lamis in particolare, ci consegna un nuovo volume dal titolo “Li cunte: Vangelo popolare e Racconti veri e verosimili”, pubblicato da Levante Editori (pagine 650, € 35,00) per la Collana “La Puglia nei documenti”.
Nel dialetto di San Marco in Lamis, ‘cunte’ vuol dire favola, racconto, fiaba, novella e Grazia Galante, che ha insegnato materie letterarie a Torino ed in Capitanata, non è nuova a questo tipo di pubblicazioni, poiché è autrice di vari libri sui proverbi popolari, la cucina tradizionale di San Marco in Lamis, la religiosità popolare, le cose di Dio, fiabe e favole, nonché di un corposo “Dizionario del dialetto di San Marco in Lamis”, scritto insieme al fratello Michele sempre per i tipi di Levante Editori.
Si tratta di un ponderoso volume che raccoglie la versione popolare del Vangelo e circa trecento racconti veri e verosimili, scritti tutti in dialetto sammarchese con traduzione a fronte, riguardanti l’importante centro garganico, conosciuto per la nutrita presenza di intellettuali di spicco. Questo libro si pone in continuità con l’altro uscito due anni addietro “Fiabe e favole raccolte a San Marco in Lamis”, e mette a frutto un lungo lavoro fatto di raccolta di testimonianze orali.
Il Vangelo popolare si sviluppa lungo tre filoni: 1) le peregrinazioni di Gesù sulla terra insieme con gli apostoli; 2) la Madonna e i viaggi della Sacra Famiglia; 3) la vita dei Santi.
Predominante è la figura di Gesù visto come padre buono che è sempre pronto a soddisfare le richieste dei suoi figli, che premia e punisce, che condanna e perdona.
Nella seconda parte del volume si parla di fatti realmente accaduti e di altri simili al vero e che costituiscono uno strumento molto utile per capire i modi pensare, le tradizioni, le credenze, le usanze di una comunità che per tanto tempo si è retta sull’agricoltura e sulla pastorizia e che ha conosciuto importanti fenomeni di massa come l’emigrazione transoceanica e l’adesione al brigantaggio. Fenomeni di cui si coglie l’eco anche in questi racconti. Si tratta di una ricerca su base comunale che per le dimensioni ha pochi precedenti nel territorio regionale pugliese.
Il volume si avvale di una densa e penetrante presentazione del grecista Francesco De Martino, ordinario di Letteratura greca nell’Università di Foggia, che parla di opus magnum per le sue dimensioni, ma anche di opus lepidum per la levità dei racconti. Il prefatore, giustamente, sottolinea anche i precedenti o gli accostamenti che questi racconti trovano nella letteratura classica, soprattutto greca. (Vittorio Polito)
Un volume in cui, secondo De Martino, “c’è tanto da leggere e tanto da capire.
Un volume che sembra vocale: voci vive della gente che Galante ha saputo ascoltare e mettere al riparo, voci che neppure il precipizio economico riuscirà mai a cancellare”.
L’immagine di copertina ed i disegni inseriti nel testo sono di Annalisa Nardella, mentre i risguardi sono di Nick Petruccelli (quello iniziale) e di Andrea Argentino (quello finale).
Indice de "Il vangelo popolare"
Il bastone di San Giuseppe La giovane prescelta da Dio Come la fai la sbagli Il miracolo di Santa Nastasija Il fuoco nel mantello La strage degli innocenti Il buon ladrone La pietra di San Pietro San Pietro e il prosciutto Chi piange e chi ride Il Maestro e San Pietro nell’orto La mamma di San Pietro Una giovane operosa e un ragazzo indolente Il bovaro avaro Il Calderoso Il rovo Noè e il Maestro Grazie al cane La fine del mondo Santa chiuvéra Il contadino Il ceppone Paga il giusto per il peccatore L’uomo incontentabile Chi troppo vuole ... Un ospite prodigioso Il Maestro e Zaccaria | Il compare della Morte Sette pagnotte Il cuore di Sant’Andrea La Maddalena Il pettirosso Per far sorridere la Madonna La Madonna e la tartaruga La mula Nespola matura La preghiera della sera Quando si rispetta il comparatico L’amore di San Bernardino per la Madonna Il miracolo di San Nicola Il martirio di San Sebastiano La storia di Santa Lucia La storia di San Rocco La storia di San Nazario Il primo miracolo di Sant’Antonio La storia di San Martino Il maialino di Sant’Antonio Abate Come nacque la Via Lattea La storia di San Gregorio papa Pietro Bbajalarde La storia di San Bernardo L’origine della chiesa del Trionfo del Purgatorio La nascita del Santuario di Santa Maria di Stignano
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Indice dei "Racconti veri e verosimili"
Una notte da spavento Il prete ladro | I caciocavalli del compare Il mulo Rafanédde In una trattoria di Roma |
PDF: Recensione di Dorella Cianci (Articolo pubblicato il 28/12/2012 su "L'Attacco" di Foggia)
Cummà', non ime ditte nente - La nuova pubblicazione di Michele Galante - Edizioni del Rosone (2012), € 12,00 + s.p
Prefazione di Joseph Tusiani (New York, Festa di Cristoforo Colombo 2011)
La poca prosa dialettale sammarchese coincide con la Grande Depressione che paralizzò l'America alla fine degli Anni '20, in pieno proibizionismo, in pieno Al-Caponismo, in pieno furore edilizio in cui venne a brillare di luce chiara e opaca il nome dell’emigrato italiano. Queste pagine del Solco, un prestigioso e fortunato periodico di giovani professionisti sammarchesi, desiderosi di vedersi e sentirsi in mezzo alla loro gente, "sono bozzetti di vita paesana che hanno la capacità di raccontare gli aspetti giornalieri della comunità sammarchese, di esplorarne il carattere, di coglierne le ansie, le aspirazioni, e di stabilire un filo ininterrotto con le proprie radici e la propria origine. I temi affrontati sono i tempi passati, le usanze locali, la famiglia, la miseria, i sentimenti, i personaggi del Paese": già, tutto e niente, come facetamente indica la frase che Michele Galante usa per titolo di questa preziosa raccolta.
"Cummà, non ime ditte nente" vuol dire che le due allegre comari si sono dette qualcosa, si sono scambiate quattro chiacchiere, si sono sprecate in qualche ciarliero e innocente pettegolezzo, si sono riconosciute per le amiche di ieri e di domani, al di là della semplice lettera che dice poco o nulla affatto. E questo già pone al Galante il più arduo problema da affrontare e superare: la traduzione di certe sapide locuzioni da cui dipende la vita di un intero paragrafo. "Scie tesa", letteralmente intraducibile, vuol dire anche un bonario "va in malora", ma significa anche "Non cambi mai tu," "sei incorreggibile," "ti conosco bene," e cose di tale intimità. Un problema, questo, che, da par suo, da co-autore, con la sorella Grazia, del Dizionario del dialetto di San Marco in Lamis, Michele Galante deve costantemente risolvere, specie per preservare la grazia e l'ingenuità dei proverbi che infiorano il nostro linguaggio e per non sminuire la carica di certe sfumature preziose.
Il lettore si addentra nell'atmosfera dei Racconti ed ha l'impressione di ascoltare una lingua mai prima udita, una inattesa cascata di suoni limpidissimi per la prima volta concessi a labbro umano, un idioma di pura fiaba:
"O lu corie o la curreia", "non so' castagne pe li dente nostre", "desse li cice alli porce!", "ioie, chi chiù e chi mene, tutte tenne lu pince rutte," "Di' Santemartine e atténteme, m'aviss'affascenà", "chi nova t'arreca, schiaffe te da'", "a sante vecchie non ce appiccene cannele", "dova me fa notte, dda me fa iurne", "chi chiù, chi mene, l'anema ghianca no' la tè nisciune", "'ntanne ievene tanne, mo so checocce". Solo che in questo mondo fiabesco si muovono personaggi vivi e veri, del tutto moderni per la fine degli Anni '20: donzellette che non possono e non vogliono più accettare regole e usanze di vita preistorica, anzi barbarica: "E’ megghie mo': i' me trove 'nanze nu scialbe e non sacce come, pecche' non c'eva parlate ma'. Mo ce parlene e almene ce canoscene."
L'analisi di questi 28 pezzi, di cui ben 26 in forma di dialogo, è un vero studio socio-antropologico: apprendiamo non solo antiche tradizioni religiose, ma veniamo a scoprire perfino il valore dei diminutivi (Carmenuccia, Seppucce, Vennerannuccia, ecc.) nel consolidamento dei ceti sociali. Ci spieghiamo cosi il valore di una frase-chiave nella storia delle processioni votive del popolo sammarchese: "Falli purtà la chiava e falla i' cu la Cungreia lu Priatorie." Avevano ancora un loro sacro prestigio le Confraternite degli Anni '20, e sembra che a quella della Chiesa del Purgatorio appartenessero persone di riguardo: "famigghie bone: allu quarte lu patre ce stanne li monnece, e allu quarte la mamma ce stanne li prevete; famigghie de bona descendenza."
Erano bravi scrittori gli anonimi collaboratori del Solco, che all'estro del momento affidavano le espressioni piu felici delle risorse linguistiche del proprio dialetto: "Du figghie l'ha sgarrata: è sciocca, stazzianta, pruvera, museledda, e dà pure nu poche all'acite." E non si facevano sfuggire occasione per cogliere ogni nuova sfaccettatura dei loro personaggi, ignari di essere osservati, per esempio, "a senti' la banna a meze la chiazza" o ad assistere alla prima rappresentazione di rudimentale circo equestre allestita in un punto cruciale del paese.
Il racconto più innocente e più tragico di questa raccolta, che Michele Galante strappa all'oblio, è la lettera di una moglie al marito in America: "Cara Michele, te facce sape' ch'eie recevute la lettera e inte eie truvate quatte dollere. Me l'ha scagnate lu pustere e l'eie date na cosa de rijale, se no quidde è capace che quanne t'arreca na lettera fa revutà la strata e chi no lu vo' sape' lu sape."
Due erano i portalettere della mia fanciullezza: uno bassino e piuttosto esile, l'altro alto, stentoreo, sfottente, con atteggiamento di bullo. Entrambi gridavano i nomi delle mogli che ricevevano la lettera dai mariti emigrati, per cui la povera donna che, quel dato giorno, non riceveva notizie dall’America, già sapeva che l'intera strada sapeva che non c'era nulla per lei. Ma il postino alto e stentoreo e bullo, per ignoranza e, mi auguro, non per crudeltà d'animo, passando dinanzi alla poverina pubblicamente umiliata, era capace di dirle gridando: "Tuo marito si sarà trovato un'altra mogliettina laggiù a Nova Yorka, e che vuol fare una sammarchese davanti a un'americana truccata e profumata? Sono tre settimane che non ti scrive..."
E quante volte a me, bimbo di cinque o sei anni, "Niente per te, Peppino," diceva; "tuo padre avrà qualche altro Peppino nella grande America." Roba da galera immediata! Ma allora non esisteva il concetto della privacy, specie per la povera gente, impunemente calpestata e pubblicamente umiliata. Chissà se, almeno sul letto di morte, quel postino si rese conto delle lagrime che fece versare a tante povere mamme e a un fanciullo sognatore qual ero io allora!
Michele Galante consegna così alle nuove generazioni l'unico esempio di prosa dialettale sammarchese, ammirevole se è opera di un solo autore, di ottima fattura se frutto di un'intesa di amici letterati, consapevoli di tracciare un breve ma importante solco nella storia linguistica della nostra terra. Al Galante vanno l'ammirazione e la riconoscenza dell'intera San Marco per un lavoro in cui competenza filologica, acume etno-demologico e sensibilità artistica creano un unicum da salvaguardare nei nostri archivi.
Il Solco cessò le pubblicazioni il 20 settembre 1929, dopo che uscirono complessivamente 28 numeri. A questa data bisogna aggiungerne un'altra: quella di fine ottobre 2011, l'anno in cui Michele Galante colmò la lunga lacuna.
Fiabe e favole raccolte a San Marco in Lamis - Prefazione di Raffaele Nigro - BARI, Levante Editori 2010, pag. 314, € 20,00 + s.p.
L’abitudine di raccontare fiabe ai bambini da parte delle persone anziane oggi è considerato un modo di comunicare che ormai appartiene al passato. La televisione ha preso il posto dei nonni che da risorsa sono diventati un peso e spesso sono affidati a badanti o relegati nelle case di riposo dove per mancanza di uditorio non insegnano niente. Eppure i bambini vogliono ascoltare le fiabe. Lo posso affermare per esperienza personale. Quando da insegnante mi capitava di fare supplenza in qualche classe di prima media, anche all’ultima ora riuscivo a tenere i ragazzi in silenzio fino al suono della campana, raccontando loro qualche fiaba contenuta in questa raccolta.
Ai bambini, purtroppo, oggi viene negato l’ascolto delle fiabe dalla viva voce della nonna o della vicina di casa. E’ vero che essi possono vedere molte fiabe per televisione, ma non è la stessa cosa. La televisione lascia poco spazio alla fantasia poiché tutte le scene vengono proposte e lo spettatore non deve aggiungere niente. Le fiabe raccontate, invece, stimolano l’immaginazione e l’ascoltatore con la sua fantasia costruisce le scene. Ognuno di noi da bambino ha cercato di immaginare a modo suo il palazzo reale, Vugnulicchie, Mamma Nannòrca ecc.
Ricordo con molto piacere le serate trascorse a casa di mia nonna attorno al braciere intenta ad ascoltare cummare Mechelina, Michelina Tenace, allora giovane vedova, che captava la mia attenzione con i suoi racconti. Anche se a volte mi faceva andare a letto con il cuore triste perché mi raccontava di bambini orfani di mamma, maltrattati dalla matrigna, non mi stancavo mai di sentirla. Oggi, ormai novantenne, vive nella casa di riposo “Opera Pia Gravina” di San Marco in Lamis e nei nostri incontri rievochiamo quelle serate con tanta nostalgia. Ricordo anche con sommo piacere mio nonno Domenico, miniera di saggezza contadina, il quale fino all’età di 93 anni si serviva sempre di proverbi, di favole, di storie di vita vissuta per insegnare a me e a mio fratello ad affrontare meglio le difficoltà della vita.
Le fiabe e le favole qui riportate sono state tramandate oralmente di padre in figlio quando quasi nessuno sapeva leggere e scrivere. Esse, quindi, devono la loro sopravvivenza alla tradizione orale.
A partire dall’Ottocento alcuni scrittori e studiosi europei trascrissero le fiabe, raccogliendole dalla viva voce del popolo. Questi scrittori furono in Russia Afanasjev, in Germania i Grimm, in Norvegia Asbjrnsen.
In Italia, attorno agli anni ’50 del Novecento Italo Calvino raccolse e trascrisse le fiabe popolari recuperate nelle diverse regioni italiane. Egli, partendo dai molteplici dialetti in cui il popolo le narrava, le tradusse in un linguaggio accessibile a tutti.
L’opera di Calvino, ma anche degli altri, è molto meritoria perché, grazie al loro impegno, è stato possibile conservare questi documenti di cultura popolare che ci consentono di conoscere tradizioni, usanze, situazioni di vita del nostro passato e con cui possiamo divertirci, sognare, fantasticare. La fiaba fa evadere la gente, logorata dai problemi del vivere quotidiano, trasferendola in un mondo irreale ottimistico dove tutto ha un lieto fine.
Indice del libro "Fiabe e favole raccolte a San Marco in Lamis"
Le Fiabe
La ‘gallinaia’ Il libro dei comandi | Le tre penne di Tirechéfù |
Le Favole
Mamma volpe | Il cane e il gatto |
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